Hanno collaborato a questo sito:
B:K Officina editoriale

Realizzazione sito e testi

Bianca Puleo

Fotografie

Mail

Diederik Pierani

Illustrazioni

InstagramPortfolioMail

Uno sguardo al (pazzo) anno passato

Pensavamo, come tutti, di aver già visto abbastanza con la pandemia del 2020 e del 2021. Ma il 2022 ha saputo stupirci ulteriormente (dove la parola stupore va colta nel suo essere eufemistica e moderata, perché gli eventi che lo hanno accompagnato hanno generato molto più che stupore). Proviamo quindi a guardarlo in maniera panoramica e a tracciare un quadro sullo stato dell’agricoltura biologica e della sua commercializzazione in Italia nella GDO. Il tutto dal nostro osservatorio privilegiato: la Pizzi Osvaldo & C., che di anni sulle spalle ne ha un bel po’ e che ha quindi maturato l’esperienza che serve per riflettere e analizzare. E reagire adeguatamente.

Aumenti senza proporzione

Il 2022 per il biologico è stato un anno ancora più strano del primo anno di pandemia, perché è in realtà partito con una bella spinta, dovuta a una rinnovata attenzione da parte degli italiani ai temi relativi all’ambente, al cambiamento climatico e alla salute in genere. Se volete, potete vederla come la coda positiva che la pandemia ci ha lasciato. Ma che purtroppo è sembrata presto dimenticata

Con l’inizio del conflitto in Ucraina e con il conseguente panico che la guerra ha generato, i risultati si sono fatti subito sentire e in tutte le direzioni, con aumenti che inizialmente erano completamente ingiustificati. Al punto che le che le aziende di energia e gas non hanno mai avuto dei margini così elevati.

Su di noi gli aumenti si sono fatti sentire a più livelli: energia, carta, materiali per imballaggio, gasolio, personale, manutenzioni. Tutti i produttori e trasformatori hanno subito rincari su questi fronti e noi ovviamente non ne siamo stati esentati. Parallelamente, per stare vicino ai consumatori e alle famiglie, la GDO ha iniziato a promettere sconti e promozioni.
Proviamo a offrire un’idea di questi rincari analizzandone in sintesi solo alcuni, per chi già non li conoscesse per esperienza diretta.

  1. Trasporti +33% 2022 vs 2021. Peccato che quando nel 2020, il barile di petrolio era sceso ai minimi e insieme a questo i costi del gasolio, di fronte a una richiesta di riduzione delle tariffe ai trasportatori, la risposta fosse negativa. Sui trasporti – ci veniva detto – non è poi tanto rilevante il costo del gasolio:  incidono di più i costi fissi, quelli del personale, la manutenzioni, la gestione ordinaria. Purtroppo non appena si è ventilato un potenziale aumento di gasolio, gli aumenti dei trasporti sono stati immediati e a partire da un +25%.
  2. Il costo dei materiali per imballaggi è salito da un minimo di +20% a un più frequente +70%. In concomitanza con la crocifissione della plastica – grande invenzione umana, che dovremmo come umanità solo imparare a gestire come rifiuto e riciclare anziché demonizzare – chi lavora nel bio per la GDO Italiana (dove l’imballaggio è praticamente imprescindibile) si è dovuto dotare dei costosissimi e introvabili materiali biodegradabili e compostabili, i cui costi in lavorazione e gli sfridi hanno un impatto sui costi che supera il 50%.
  3. Un costo ulteriore è stato quello della manodopera in malattia frequente, con distanziamenti difficile da mettere in atto, ma doverosamente mantenuti, costi di formazione continua, difficoltà a trovare personale. Solo così il costo della manodopera nel 2022 è salito del 10% rispetto all’anno precedente.

.

Una scelta responsabile: fare argine

Presi in questo scenario per nulla favorevole, abbiamo tuttavia fatto una scelta drastica e responsabile e con noi molte aziende del settore dai saldi principi etici: una scelta che abbiamo messo per iscritto e che abbiamo mantenuto. Gli aumenti e i rincari dei costi generalizzati da noi subiti NON sono stati rigirati ai clienti. Lo abbiamo fatto per responsabilità etica e come un investimento dovuto per proteggere i consumatori e il mercato del biologico. Si sono verificati solo piccoli aumenti circostanziati e limitati, per debito nei confronti dei nostri produttori, e solo quando i prodotti erano totalmente assenti dal mercato e quindi ricercatissimi (la zucchine ad agosto e settembre, i limoni a giugno, l’avocado quando i grandi container erano tutti bloccati e il nostro produttore li avrebbe potuti vendere a prezzo d’oro…).

Intanto i produttori di eccellenze italiane, tra cui i produttori biologici, hanno trovato un ottimo mercato all’estero, mentre noi abbiamo dovuto combattere e pagare il valore degli articoli biologici prodotti in Italia. Ciò nonostante la GDO italiane talvolta ci ha reso i prodotti ortofrutticoli, magari perché macchiati, o perché di grammatura troppo grande o troppo piccola. Le pere un giorno erano troppo mature, il giorno dopo troppo indietro. Soddisfare i controlli di qualità della GDO con un prodotto naturale non è mai stato un compito facile.

Abbiamo così continuato per tutto l’anno a trovarci in una condizione faticosa, tra rincari, mancanza di prodotto, richieste dei clienti. Ma chi non si trasforma e non si evolve perisce: quindi, ci siamo messi completamente in gioco, accettando di fare da argine verso i consumatori.

Un anno in discesa

Tuttavia, pur avendo fatto di tutto per assorbire i rincari, lavorando sulle promozioni facendoci forti di aspettative di volumi maggiori e di momenti migliori, abbiamo dovuto anche confrontarci con il crollo – preoccupante – delle vendite del biologico negli ultimi mesi dell’anno. Nonostante la nuova Legge sul bio e la spinta delle aziende, a causa anche di imprenditori e di alcune catene che hanno scelto di privilegiare il residuo zero e i prodotti a lotta integrata anziché il biologico normato e certificato (QUI LINK a nostri precedenti articoli). Purtroppo il tema è noto: per fare le cose seriamente nel biologico occorre accettare fatica e costi, e i risultati si vedono solo con un unico sistema, coerente e ben normato. Altrimenti tutto resta nel mondo delle buone intenzioni e alla prima difficoltà – o alla prima convenienza – chi non è retta da motivazioni solide e da ampiezza di vendute è portato ad aggirare gli ostacoli, anziché risolverli.

I dati annuali a prima vista non sembrano drammatici, perché le vendite del bio nel 2022 vs 2021 YTD sono calate solo del -4% in volume e  del -3% in valore, ma questo è un risultato conseguito solo grazie al +2% del primo semestre del 2022. Viceversa in settembre e poi nell’ottobre 2022 il calo registrato è stato intorno al -20%.
Anche il nostro cliente principale ha avuto per la prima volta – nella storia delle vendite del bio all’interno della sua catena – un segno negativo. Questo dopo anni di costante crescita, anche a doppia cifra, negli anni del Covid ma non solo.

Gli articoli che hanno sofferto di più sono quelli i cui costi in produzione sono aumentati e per cui i clienti sono più esigenti. Finocchi, i vari cavoli, ma anche le pere. Buonissime – certo – ma meno belle degli altri anni: gli implacabili controlli di qualità della GDO spesso le hanno rispedite al mittente, senza farle arrivare ai banchi.

Molto bene sono andati anche gli esotici – come avocado, ginger e mango (da segnalare il lancio del primo e unico mango biologico siciliano, maturo e buonissimo). Bene anche le mele, i cui produttori ci hanno seguito su buone promozioni, ottenendo quindi migliori volumi, come le susine e l’uva, che hanno goduto di una stagione più lunga. Infine si confermano una buona nicchia nel bio gli articoli preparati (zucca a cubetti, cuore di sedano, mezza verza), per cui evidentemente la preparazione vale la spesa.

La qualità sta (anche) nel tenere duro

Tuttavia, anche leggendo e confrontandosi con aziende simili in altri reparti, il biologico  nel secondo semestre 2022 ha sofferto di una ingiusta reputazione di costi alti. Lo sforzo di noi tutti consumatori dovrebbe sempre essere rivolto al comprare meglio e meno, e soprattutto con più attenzione. Ma le cosa stanno andando diversamente.

Purtroppo il prodotto dell’agricoltura convenzionale non è certo un esempio da seguire. Sembra infatti che le catene che hanno viaggiato meglio siano stati i discount, che stanno progressivamente rubando quote di mercato ai grandi supermercati che offrono e vendono qualità.

Lo abbiamo toccato con mano, e dolorosamente: abbiamo provato a servire i discount con l’ortofrutta bio, ma siamo fuggiti dopo poco. In quei luoghi non c’è valore, non c’è qualità, non c’è alcun controllo: l’importante è svendere e mettere in crisi chi faticosamente ha capitalizzato sulla qualità, l’etica e la correttezza. Il mercato sembra dire che hanno ragione loro. Ma se sono proprio i consumatori a premiarli, viene da chiedersi quali messaggi siano passati negli ultimi anni se gli italiani si sentono gratificati nell’acquistare un chilo di carne a 90 centesimi. Davvero nessuno si domanda come sia possibile – a quei prezzi – coprire i costi della filiera?

Il nostro principale cliente ci ha riportato che l’Istat nel mese di novembre del 2022 ha registrato un aumento dei prezzi al consumo del 11,8% con un incremento del carrello della spesa del 12,8%., dichiarando una campagna di fine tolleranza rispetto agli aumenti e alle pretese di aumenti che tutti stanno anticipando. La contrazione dei volumi degli ultimi mesi ha spaventato e il settore del biologico ha sofferto particolarmente, solo a causa della percezione di prezzo elevato. Ma la realtà è che se tutti i prezzi andassero come il convenzionale, le aziende sarebbe tutte sul lastrico. Perché con certe offerte (1 Kg di arance a 0,99 € – 700 gr di carote a 0,78 €, 1 litro di aceto a 0,67 €, 2 Kg di clementine a 1€: tutti prezzi desunti da promo on line degli ultimi tempi) non si paga né il trasporto né i margini della GDO, né l’imballaggio. Figuriamoci se si riesce a pagare il lavoro in raccolta e in confezionamento correttamente contrattualizzato o il costo vivo della merce.