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PERCHÉBIO

Perché il biologico è meglio? Perché lo abbiamo scelto e ci adoperiamo per promuoverlo e diffondere la cultura che lo sostiene? È vero che “bio fa bene”?

A queste e a molte altre domande – alcune delle quali ci vengono rivolte spesso – rispondiamo da questa pagina. Ma se avete altri dubbi scriveteci. Saremo sempre pronti a rispondervi: e se la domanda lo merita, perché di interesse generale, potrebbe anche finire in questa pagina!

Che cosa è esattamente l’agricoltura biologica?

Il metodo di coltivazione biologica si basa sull’esclusione di sostanze di sintesi come fertilizzanti, diserbanti, fungicidi, insetticidi. Il principio fondamentale che ispira queste scelte è la sostenibilità ambientale (insieme a tutto ciò che poi ne consegue): per questo le sostanze ammesse sono solo quelle già presenti in natura.

L’agricoltura biologica esclude l'uso di sostanze chimiche?

Non è esatto: si escludono appunto solo i prodotti chimici che sono stati sintetizzati dall’uomo, in laboratorio. Altri prodotti necessari, come fertilizzanti naturali e agrofarmaci di derivazione naturale, sono invece ammessi.

Quali sono allora i prodotti ammessi?

Tutti quelli di derivazione naturale: per esempio si usano come fitofarmaci vari estratti da piante, da radici, da funghi. Anche i fertilizzanti devono essere tutti naturali: il letame compostato, la pollina…

Ma si possono utilizzare anche sostanze chimiche provenienti dalla terra: minerali che forniscono fosfati, per esempio, o vari olii minerali.

Ma quindi i prodotti biologici non presentano alcun residuo?

Non è esatto: i prodotti biologici non possono contenere per legge alcuna traccia dei prodotti non ammessi nell’agricoltura biologica, che sono diverse centinaia. Possono invece contenere dei residui, entro i limiti di legge, degli agrofarmaci ammessi. Per fare un esempio, poiché la legge consente la presenza di 5 milligrammi di rame per kilo, è possibile trovarne sino al limite consentito. I prodotti residuali ammessi nel biologico sono circa una ventina, di fronte agli oltre 700 presenti nel prodotto di agricoltura convenzionale. Va anche detto che – con limiti estremamente bassi e nell’ordine dello 0,01 milligrammi/kg – ci possono essere nei prodotti biologici residui derivati da contaminazioni ambientali. Questo avviene anche negli ambiti di produzione o di stoccaggio.

Il biologico fa bene?

Sì. Esistono innumerevoli studi medici che mostrano come l’alimentazione biologica sia più salutare, anche solo perché non ci espone a sostanze tossiche, come i pesticidi di sintesi. Ma soprattutto il biologico fa bene alla terra. E agli agricoltori: questo non va sottovalutato. Ci sono costi sociali che non vengono mai calcolati, ma che sono altissimi.

Il prodotto bio è più buono?

Dobbiamo distinguere: dal punto di vista del contenuto, sicuramente. Dal punto di vista del gusto, dell’esperienza sensoriale, è esattamente come gli altri: se è prodotto con cura sì, sennò no. Se prendiamo ad esempio il latte prodotto biologicamente – e sono molto gli studi scientifici che lo dimostrano – ci sono più Omega 3: ma ovviamente al gusto non si percepisce la loro presenza.

Comunque un prodotto curato e fatto nella zona giusta e al momento giusto, è quasi certamente migliore anche al gusto: il biologico si muove in questa direzione, il convenzionale no.

Come faccio a essere certo che un prodotto dichiarato come biologico sia davvero biologico?

L’etichetta del prodotto, che riporta la certificazione, non mente. Se un prodotto viene dichiarato e certificato biologico vuol dire che proviene da un’azienda che ha utilizzato un metodo biologico: questo vale per la frutta e per la verdura, ma anche per tutti gli altri prodotti alimentari.

Un frutto o un ortaggio bio possono essere contaminati tramite l’aria?

È possibile che accada. Per esempio se un’azienda vicina che utilizza l’agricoltura convenzionale fa un trattamento in una giornata ventosa. Se la sabbia del Sahara può cadere sulle Alpi, trasportata dal vento, immaginate quanto è facile che una molecola di un principio attivo spruzzata a pochi chilometri di distanza si sposti. Purtroppo viviamo in un mondo sempre più inquinato e il “rumore di fondo” esiste, è incomprimibile. È proprio per questo che una azienda che produce biologico deve dotarsi di protezioni adeguate. Esistono ad esempio delle barriere fisiche che vengono disposte lungo i confini, come esistono delle distanze minime di sicurezza da potenziali fonti di contaminazione.

Alcuni dei prodotti bio che commercializzate arrivano dall’estero. Come mai?

Noi diamo sempre la precedenza al prodotto biologico locale. Se non è disponibile i confini si allargano alla regione o alla nazione. Solo in ultima istanza ci serviamo di prodotti europei o extra-europei. Naturalmente questo deve rispettare le specificità e la temporalità: i prodotti che acquistiamo devono mantenere le caratteristiche date dalle nostre linee guida. Compriamo mele e pere provenienti da regioni del Sudamerica dove la produzione è tipica per qualità. E naturalmente questo solo in determinati periodi dell’anno, quando cioè il prodotto biologico nostrano non è disponibile.

Naturalmente anche alle aziende estere che sono nostri partner applichiamo le medesime regole usate per quelle italiane: visitiamo ogni azienda, acquisiamo la documentazione, operiamo analisi. Come per tutti.

Ovviamente l’etichetta riporta sempre la provenienza e il consumatore è libero di scegliere cosa comprare e quando comprarlo.

Quali sono i prodotti che fate arrivare dall’estero?

Mele e pere, fondamentalmente. Poi zenzero, avocado, banane. In certi casi carote, patate e cipolle, ma solo se c’è davvero bisogno. Altri frutti – come gli agrumi – potremmo farli arrivare, ma preferiamo rimanere legati alle nostre produzioni in Calabria e Sicilia, che sono zone tipiche che garantiscono una buona stagionalità.

Quanto tempo impiegano ad arrivare? Come viene gestito e affrontato il trasporto?

Il tempo medio è di 45 giorni e le merci viaggiano in container dedicati al bio e adeguatamente refrigerati. Anche la logistica è sottoposta ai medesimi controlli che operiamo con i produttori. La logica è sempre la medesima: compiere un’analisi dei rischi e verificare tutte le possibili criticità.

Per quanto tempo una mela può mantenere le sue proprietà inalterate?

Nell’agricoltura convenzionale una mela può restare “fresca” per 24 mesi. È assolutamente possibile che la mela che si acquista oggi sia stata colta due anni fa. Questo grazie a sostanze chimiche che rallentano la maturazione. Noi invece utilizziamo una tecnologia chiamata DCA (atmosfera dinamica controllata) che – in assenza di additivi chimici  e solo grazie al controllo dell’ambiente di stoccaggio, ovvero dosando ossigeno, temperatura e umidità – consente la conservazione di una mela in cella frigorifera per almeno dodici mesi. Il biologico sta insegnando al convenzionale come conservare la frutta senza ricorrere a trattamenti chimici.

Quale bio è “migliore”? Dove lo si trova?

Può sembrare in controtendenza – in un momento in cui fioriscono le vendite dirette dei piccoli coltivatori e i mercatini agricoli a chilometro zero – ma per assurdo è meglio acquistare il prodotto biologico dalla grande distribuzione: al supermercato. Quasi tutte le aziende della grande distribuzione vendono prodotti biologici con il proprio marchio: ci mettono la faccia. E nessuna di loro vuole avere problemi: per questo i controlli sono maggiori e più scrupolosi. In più le garanzie che vengono offerte sono oggettive. Rivolgersi invece al piccolo produttore, all’azienda locale, potrebbe nascondere grossi rischi. La piccola azienda per esempio irriga con l’acqua che ha a disposizione: chi la controlla? Sicuramente ci sono piccole realtà che lavorano benissimo e offrono un prodotto di qualità e sicuro, ma non hanno i controlli che ha dietro di sé la grande distribuzione.

Perché il prezzo di frutta e verdura biologiche è sempre un po' più alto?

Quando un’azienda opera la trasformazione al biologico, abbandonando la fertilizzazione chimica, inizialmente i volumi di produzione si abbassano. Inoltre i prodotti che si usano, avendo meno mercato, sono più cari. Per questo i primi anni sono sempre meno vantaggiosi e di conseguenza, per mantenere un corretto rapporto tra costi e ricavi, i prezzi finali aumentano. Quando poi a poco a poco si ristabilisce il corretto equilibrio la produzione aumenta e può anche superare, a parità di superficie, quella dell’agricoltura convenzionale. Bisogna essere bravi e attenti. Tipicamente comunque esiste una forbice di circa il 30% nei confronti del prodotto convenzionale. Rispettare la salute degli agricoltori e quella dell’ambiente ha un costo aggiuntivo, certo: i costi sociali dell’agricoltura convenzionale non sono invece “coperti” dal prezzo delle produzioni. Ma sono costi che sono destinati a ripresentarsi in seguito, moltiplicati.

Cosa spinge un’azienda agricola verso il biologico?

Se facciamo questa domanda a un agricoltore, la risposta è semplice: gli agricoltori che scelgono il biologico lo fanno perché a casa loro vogliono stare bene. Chi sceglie di convertire la propria produzione rinunciando ad avvelenare la terra che coltiva lo fa perché pensa al futuro, perché vuole darsi una prospettiva a lungo termine. Chi invece fa trasformazione e commercializza il prodotto biologico supporta queste scelte e fa da tramite tra il produttore e il consumatore, aprendo spazi commerciali che il singolo coltivatore non potrebbe raggiungere. Il nostro scopo è rendere disponibile sul mercato il prodotto biologico migliore che le nostre produzioni riescono a offrirci. Agiamo per garantire, tramite il nostro lavoro, i consumatori più accorti e motivati: noi ci prendiamo la responsabilità di analizzare, verificare, garantire. Questo compito non può spettare al consumatore, che deve essere garantito.

Ma va anche detto che un’azienda consapevole e che, come la Pizzi Osvaldo & C., ha vissuto l’evoluzione dell’agricoltura dal dopoguerra a oggi, non può chiudere gli occhi: l’agricoltura convenzionale per come si è sviluppata deve semplicemente cessare. Uno dei nostri compiti, oltre a contribuire ad allargare la platea dei consumatori del biologico, è quello di estendere questa consapevolezza e questa cultura.

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