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Residuo zero: le trappole delle etichette

Un articolo di Lorenzo Misuraca pubblicato recentemente sul Salvagente fa luce su una questione sulla quale è bene che i consumatori siano avvisati e che ci fa anche capire come in determinati casi la tecnica del green washing possa portare a offrire informazioni imprecise o scorrette, inducendo a creder che le cose stiano diversamente da come in realtà sono.

La questione è stata sollevata di recente dal CTCU (Centro tutela consumatori utenti) di Bolzano e riguarda la dicitura “Residuo zero” che si vede comparire spesso su prodotti ortofrutticoli e che dovrebbe indicare che la quantità di pesticidi di sintesi utilizzati per la coltivazione di quel dato prodotto sia tale per cui nel prodotto stesso i residui siano pari a zero. In realtà le cose non stanno così: in funzione del tipo di frutta o verdura la legge indica che il residuo consentito nei limiti di legge varia tra 0,01 e 0,05 milligrammi per chilo. Al di sotto del limite degli 0,01 milligrammi il residuo non è più tecnicamente rilevabile. Ma c’è un’enorme differenza tra non usare prodotti di sintesi e usarne facendo in modo che poi essi non siano rilevabili nel prodotto finale. Certamente la loro presenza in un chilo di prodotto è minima ed è nei limiti consentiti dalla legge, ma questo non vuol affatto dire che la  coltivazione di quella frutta o di quella verdura sia assimilabile a una coltivazione biologica, sostenibile e davvero rispettosa dell’ambiente, che i prodotti di sintesi proprio non li utilizza. In realtà quindi per i prodotti che riportano quella dicitura i pesticidi di sintesi sono stati usati e sono stati immessi nell’ambiente. Il danno è stato comunque fatto.

Tutto dipende quindi da quali siano le intenzioni del consumatore. Se intende solo preoccuparsi della sua salute i limiti di legge dicono che non corre rischi, ma il quadro a lungo termine e la salute del pianeta non coincidono con il punto di vista del singolo. Dovremmo ormai averlo imparato: è un po’ come dire che il riscaldamento globale non è un problema perché ci troviamo a 1000 metri di quota, la temperatura è mite e noi stiamo benone.
Lo spiega molto bene Roberto Pinton nel finale dell’articolo: “Se la preoccupazione è solo la tua anima – ironizza Pinton – allora è vero che residui zero ti garantisce che su quella frutta che stai comprando non ci sono tracce di residui oltre il limite stabilito per legge, ma se t’interessa l’ambiente e allora è tutto un altro discorso. Dire che non ci sono residui di pesticidi non vuol dire non averli usati. Per fare un parallelismo, è come quelli che dicono “pollo senza antibiotici negli ultimi tre mesi”. Il problema è che li hai usati negli anni precedenti, immettendoli nell’ambiente e favorendo lo sviluppo di microrganismi antibiotico resistenti”.