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Naturale sarai tu

Naturale: una parola potenzialmente bellissima ma che nasconde confusioni, imprecisioni o addirittura  inganni, soprattutto quando utilizzata in maniera da attrarre i consumatori. È ancora una volta Roberto Pinton – esperto di normativa agroalimentare e responsabile tecnico di Assobio – a lanciare l’allarme, puntando l’attenzione sui tranelli della comunicazione nel mondo dell’industria alimentare.

Lo fa attraverso una bella intervista rilasciata a Valeria Balboni e pubblicata sul sito Ilfattoalimentare.it.

Come si fa notare infatti l’uso della parola naturale – davvero sovrabbondante sulle confezioni di moltissimi prodotti alimentari – induce a far pensare a una presunta “verginità” di quegli alimenti, che sembrerebbero indenni da contaminazioni, da aggiunte, da manipolazioni. Così, purtroppo non è: “Attualmente una definizione chiara di “naturale” esiste solo per l’acqua minerale naturale e per gli aromi naturali. – dice Pinton – In tutti gli altri casi, il termine non ha un preciso significato legale.”

La sua presenza risulta pertanto spesso ingannevole o quanto meno inesatta. Non a caso l’organizzazione non governativa SAFE (Safe Food Advocacy Europe) si batte per una normativa che regolamenti l’uso del termine sulle confezioni, attribuendogli un significato univoco e certo, cosa che attualmente non è.

Pinton fa infatti notare come in moltissimi casi vi siano ambiguità e complessità per nulla manifeste. Cosa è davvero naturale nel mondo dell’industria alimentare?

A partire dagli aromi naturali, che spesso non sono esenti da sostanze chimiche di sintesi, passando per i processi produttivi, per arrivare alle tecniche utilizzate a monte della produzione, la parola naturale chiede valutazioni attente specifiche. Un uovo è naturale, ma un uovo di una gallina allevata in batteria che non ha mai razzolato a terra lo è?

Ancora una volta la richiesta è di una normativa esauriente e precisa, che tenga conto delle varie casistiche ma che soprattutto sia animata al suo interno da un pensiero etico, condiviso e coerente. “Una nuova e più completa normativa dovrebbe anche tener conto delle sensibilità diffuse – continua Pinton – raccogliendo i pareri dei consumatori tramite una consultazione pubblica. Dovrebbero poi esistere organismi di controllo per verificare quanto dichiarato dai produttori, per evitare usurpazioni della qualifica di naturale.”.

Occorre poi anche tenere conto che non sempre la parola naturale è sinonimo di salutare. L’intera storia delle tecniche di conservazione del cibo lo mostra. “La naturalità – insomma – non è l’unico aspetto che porta valore aggiunto”.

Per un approfondimento rimandiamo all’articolo nella sua versione integrale.