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L’irrazionalità nelle norme: il punto sulle contaminazioni da pesticidi dei prodotti bio

Provate a immaginare di dovervi prendere cura di una piastrella: il vostro compito è tenerla pulita, perfettamente pulita. Immaginate di scegliere e promettere di farlo in modo naturale: niente detersivi sgrassanti, niente apparecchi elettrici. Solo cura, olio di gomito e tanto impegno. Ora provate a immaginare che quella piastrella sia circondata da molte altre piastrelle. Peccato però che gli addetti alle altre piastrelle non usino i vostri metodi: loro fanno diversamente. Usano un soffiatore per mandare via la polvere, che se ne vola bellamente in giro. Lavano con detergenti chimici e poi sciacquano gettando secchiate, con l’acqua piena di detersivo che se ne va dappertutto.
Ora infine immaginate che ci sia un controllore che verifica la qualità del lavoro di tutti: se avete deciso di tenere pulita la vostra piastrella senza detersivi chimici e senza usare apparecchi, le regole saranno per voi molto severe. “Vediamo se fa davvero come dice di fare”, dice il severo controllore. Invece verso quelli dell’altro gruppo, che non hanno preso impegni speciali, c’è più tolleranza. Del resto loro non hanno fatto alcuna promessa, non c’è motivo di essere tanto severi.

È una metafora paradossale, ma rende l’idea. La vostra piastrella è ovviamente un campo dove si pratica l’agricoltura biologica, mentre le altre sono campi coltivati con i metodi dell’ agricoltura convenzionale. La situazione inventata da noi assomiglia molto a quella raccontata dall’intervista a Roberto Pinton, esperto in normative UE e nazionali in materia agroalimentare e membro del Board IFOAM Organics Europe, di cui riportiamo alcuni stralci.

D.: 15.6 milioni di ettari a conduzione biologica nell’Unione europea nel 2021, circondati da 145 milioni di ettari a conduzione convenzionale su cui sono state usate 300mila tonnellate di pesticidi. Dura la vita degli agricoltori biologici per schivare le contaminazioni indesiderate…

R.: Sì, e in alcuni Paesi ancora più che in altri. Basti pensare che l’Italia, che rappresenta meno del 9% della superficie agricola della UE, consuma da sola 122mila tonnellate di fitosanitari, il 40% del totale. (…) È assodato che con i trattamenti fitosanitari si registrano perdite a terra dal 30% al 60%, che poi ruscellano o percolano nelle acque; la deriva sopra la coltivazione va dal 4% al 6%, quella fuori appezzamento dal 10% al 15%. La contaminazione accidentale, anche a distanza di tempo dal trattamento, non è quindi un fenomeno eccezionale.

D.: Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale la presenza di pesticidi nelle nostre acque è massiccia…

Sì, siamo messi male. Secondo l’ultimo Rapporto dell’ISPRA, nel 2019/2020 si sono trovati residui di fitosanitari nel 55,1% delle acque superficiali e nel 23,3% di quelle sotterranee.
Nelle regioni settentrionali la presenza è più elevata della media nazionale: arriva a interessare due terzi delle acque superficiali e un terzo delle sotterranee.

Il 30.5% delle acque superficiali ha concentrazioni superiori ai limiti ambientali (in particolare per erbicidi e fungicidi), ma la situazione è grave anche in quelle sotterranee, dove tra le sostanze che superano i limiti ci sono anche insetticidi.

Se il consorzio di bonifica, che dovrebbe garantirti acque di buona qualità, te le fornisce (a pagamento!) contaminate, non è che puoi inventarti chissà che misure preventive.

D.: Qualcuno potrebbe chiedersi se in un ambiente del genere è davvero possibile fare produzione biologica…

R.: L’approccio va rovesciato: in un ambiente del genere è assolutamente necessario fare produzione biologica. Se intendi bonificare acque contaminate, la prima cosa da fare è smettere di utilizzare sostanze che le contaminano. Ma per ricondurre alla normalità il bene pubblico acqua, è necessario incentivare gli agricoltori ad adottare pratiche davvero sostenibili, non premiare chi usa sostanze già presenti oltre i limiti di qualità ambientale.

D.: Nonostante la situazione poco rosea che descrive, il Ministero e la Commissione pretendono che gli agricoltori biologici garantiscano il residuo zero…

R.: I calcoli non sono complicati: se l’agricoltura italiana consuma 122mila tonnellate all’anno di prodotti fitosanitari, ogni italiano ha in dote 2 kg di sostanze, di cui tra 1.000 e 1.700 grammi vanno fuori bersaglio e contaminano l’ambiente. Il che sta a dire che per ogni ipotetica famiglia di due adulti e due bambini sono in ballo da 4 kg a 6,8 kg di sostanze nei suoli, nell’acqua e nell’aria.

Pretendere che i produttori biologici garantiscano nei loro prodotti l’assenza di residui, con limite di quantificazione 0.01 parti per milione per sostanze di cui una famiglia ha una dote di 6,8 kg (680 milioni di volte in più), è del tutto irragionevole.

Il principio di ragionevolezza è un parametro di legittimità delle leggi; quindi, prevedere sanzioni a loro carico è del tutto inadeguato e incongruente.

Con una situazione del genere (di cui certamente i responsabili non sono gli agricoltori biologici, ma le autorità competenti che hanno autorizzato e continuano a autorizzare sostanze che superano i limiti di qualità ambientale della risorsa acqua (per di più premiando chi le utilizza) è irrazionale la pretesa che i produttori biologici evitino contaminazioni… inevitabili.

Per l’intervista completa (a cura di CSQA)
rimandiamo alla sua versione integrale pubblicata su Greenplanet.